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Cos'è l'acidità dell'olio - Scuola di cucina
In questa pagina parleremo dell'Acidità dell'olio: scopriamo subito cos'è l'acidità dell'olio e cosa significa che un olio ha una bassa acidità.
L'olio di oliva è costituito quasi totalmente da trigliceridi (98-99%), molecole ottenute dall'abbinamento tra glicerolo e acidi grassi, detto anche frazione saponificabile. Il restante 1-2% è detto invece frazione insaponificabile, ossia tutto ciò che non è rappresentato dagli acidi grassi ma che è solubile nell'olio; questa frazione comprende circa 220 sostanze, alcune delle quali hanno valore nutrizionale, altre contribuiscono a dare profumo e sapore all'olio, altre sono sostanze antiossidanti naturali e conferiscono all'olio resistenza all'invecchiamento.
Tornando ai trigliceridi, possiamo quindi descrivere la molecola dell'olio come una molecola di glicerolo a cui sono attaccati un certo numero di
acidi grassi, acidi che tuttavia possono staccarsi dal glicerolo per diversi motivi.
L'acidità misura la quantità di acidi grassi liberi (ossia l'acido oleico libero).
Si può affermare che più l'acidità è bassa, migliore è l'olio perché vuol dire che le molecole dell'olio sono rimaste integre.
L'acidità dell'olio varia in base a diversi fattori:
- varia in base allo stato delle olive al momento della raccolta, cioè se sono troppo mature, se sono rovinate/danneggiate, da quanto tempo sono state raccolte (oppure da quanto tempo sono cadute dall'albero) e sono ancora in attesa di essere lavorate, se sono state attaccate da agenti patogeni, quali ad esempio insetti;
- varia in base alle tecniche di lavorazione: tecniche di raccolta, di lavorazione e di conservazione dell'olio, ma anche fenomeni fermentativi ed ossidativi che alterano le proprietà chimiche dell'olio. Un fattore importante nel processo di lavorazione ad esempio è la temperatura di lavorazione, che non dovrebbe superare i 25-27 gradi.
Le alterazioni dell'olio (e di tutte le sostanze grasse naturali) sono dovute principalmente a fenomeni enzimatici e sono accelerate da una scorretta conservazione del grasso. Si distinguono due tipologie di irrancidimento: l'irrancidimento idrolitico e l'irrancidimento ossidativo.
L'irrancidimento idrolitico: avviene ad opera di enzimi detti Lipasi che scatenano un aumento di acidità. Le Lipasi agiscono principalmente sulle olive, in particolare quando le olive sono cadute a terra o quando sono state raccolte e messe da parte per essere lavorate.
L'irrancidimento ossidativo: avviene ad opera di enzimi detti Lipossidasi ed è scatenano da fattori esterni quali la luce e il calore.
Ciascuna delle fasi suindicate può alterare la composizione chimica dell'olio, deteriorandone la qualità.
Gli oli più pregiati, quelli a bassissima acidità, sono quelli in cui la raccolta delle olive dalla pianta viene fatta a mano (brucatura), ed è pertanto eseguita in oliveti di modeste dimensioni.
Anni fa la raccolta delle olive era manuale e quindi parlare dell'acidità dell'olio aveva un senso in quanto individuava un olio qualitativamente migliore rispetto ad un altro perché prodotto secondo determinati standard e procedure. Oggi, con le nuove tecnologie e i nuovi processi produttivi, è più semplice raccogliere le olive e lavorarle tenendo sotto controllo tutti i fattori che intervengono durante la lavorazione e che possono degradare la qualità dell'olio, dal momento della raccolta meccanica alla produzione e alla conservazione. Per tali motivi, ai tempi di oggi attenersi alla soglia di acidità massima è abbastanza semplice.
Il concetto di acidità bassa dell'olio è stato usato da qualche casa produttrice come strumento di marketing, come se si volesse identificare un olio migliore e la dicitura "a bassa acidità" è stata apposta a caratteri ben visibili sulle bottiglie di olio. Tale uso è stato vietato dall'Unione Europea in quanto fuorviante e può essere usato solo se sull'etichetta vengono indicati anche altri parametri chimici che forniscono effettivamente un profilo qualitativo circa la freschezza dell'olio: numero dei perossidi, indice spettrofotometrico e cere.
Precedentemente il valore massimo di acidità per l'olio extravergine di oliva era l'1%, ora, per legge, l'acidità nell'olio extravergine di oliva deve essere inferiore allo 0,8% (0,8 gr per 100 gr) e gli oli buoni hanno un'acidità non superiore allo 0,35%.
Precisazione: l'acidità dell'olio non è quel sapore piccante pungente che si avverte assaporandolo (che tra l'altro è anche un fattore positivo in quanto indica la recente spremitura delle olive); l'acidità dell'olio è misurabile attraverso analisi chimiche apposite e non è misurabile con il gusto o con l'olfatto. Nel caso si tratti di un tipo di olio particolarmente sgradevole, si può ipotizzare che abbia un'acidità elevata, ma non si potrà stimare quanto, né si potrà stimare l'acidità di due oli qualitativamente buoni, se messi a confronto.
Classificazione degli oli di oliva
La classificazione degli oli di oliva:
Olio extravergine di oliva: acidità non superiore allo 0,8% - Olio di oliva di categoria superiore ottenuto direttamente dalle olive e unicamente mediante procedimenti meccanici;
Olio di oliva vergine: acidità non superiore al 2% - Olio d'oliva ottenuto direttamente dalle olive e unicamente mediante procedimenti meccanici;
Olio di oliva: acidità non superiore al 2% - Olio ottenuto dalla miscela di olio di oliva raffinato (che ha cioè subito un processo chimico volto all'eliminazione dei difetti chimici ed organolettici) e olio di oliva vergine (oli ottenuti direttamente dalle olive), diverso dal lampante; la legislazione non stabilisce la quantità minima da utilizzare nella miscela, solitamente si usa quel che occorre per ridare all'olio colore, odore e sapore;
Olio di sansa di oliva: acidità non superiore all'1%; è ottenuto dalla miscela di olio di sansa di oliva raffinato e Olio di oliva vergine, diverso dal lampante;
Olio di oliva vergine lampante: acidità superiore al 2%; quest'olio non può essere utilizzato per il consumo diretto, ma deve essere avviato ad un processo di rettifica che ne corregga l'acidità ed il gusto.
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